#10 DISABILITÀ – Parliamone, sì, ma nel modo giusto
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Parlare di disabilità oggi non è facile. O meglio, non è facile farlo nel modo giusto. Ormai quasi ovunque si sente parlare di questo tema. Certo, ci sono ancora montagne da abbattere, in termini sia di pregiudizio che di barriere architettoniche e culturali. Ma molto si sta muovendo. La difficoltà sta però nel parlarne con un approccio corretto.
Negli ultimi mesi, anche grazie al preziosissimo lavoro della nostra collaboratrice Elena Rasia, abbiamo cominciato a esplorare il tema della disabilità mettendo fortemente in discussione il paradigma pietistico e assistenziale che spesso premia la persona con disabilità in quanto tale, omettendo di riconoscerne i talenti, le peculiarità e – perché no? – i limiti e i difetti.
E allora, come si costruisce un mondo inclusivo e a misura di tutte e tutti? Cosa significa disabilità e quali nuove abilità porta con sé questo concetto nella società contemporanea? Ne abbiamo discusso il 18 settembre ad Arcipelago Sagarote, un luogo in cui il mondo degli ugual-abili è in contatto con quello dei divers-abili in modo naturale e lieve, un movimento umano in cui arte e pensieri possono essere liberamente espressi. L’incontro è stato una tappa del nostro tour del decennale.
ALCUNI PROGETTI INTERESSANTI SUL TEMA DELLA DISABILITÀ E NUOVE ABILITÀ
Nel corso degli anni abbiamo parlato di molti progetti che si occupano di disabilità. Alcuni più “classici” – passatemi il termine – che si battono per i diritti, l’inclusione sociale, la formazione professionale; altri che insistono più sul tasto della cultura, cercando di presentare un terzo approccio che vada a inserirsi fra quello che ignora i bisogni dei e delle disabili e quello che li tratta come bambini da accudire.
Un primo esempio è quello di Armanda Salvucci, ideatrice del progetto Sensuability, che unisce disabilità e sessualità con l’obiettivo di affrontare con ironia una serie di stereotipi, senza mai dimenticare che “la prima volta siamo tutti disabili”. A proposito delle considerazioni di cui sopra, Armanda dice: «Io non voglio più sentirmi rifiutata perché disabile. Voglio essere rifiutata perché ho un caratteraccio, voglio essere libera di agire la mia tenerezza, ma anche di mostrare i miei lati peggiori, senza timore di essere ingabbiata».
Arte e disabilità. Armanda si è servita di arti figurative per veicolare il suo messaggio, mentre Enrico si è affidato al teatro. 47 anni, malato di sclerosi multipla, Enrico Tagliavini ha deciso di portare la sua esperienza sul palcoscenico. Il suo spettacolo si chiama La gioia di Enrico e raccontare la sua storia lo ha aiutato molto: «Non mi devo calare in una parte, faccio me stesso», ci ha spiegato. Il suo lavoro artistico è stato reso possibile da Teatro Cantiere, un progetto artistico, culturale, sociale e riabitativo, nato tra Liguria e Toscana.
Sempre dalla Liguria arriva una storia non di arte ma di artigianato. È quella di Diversamente Mobili, un laboratorio di falegnameria che incarna lo spirito della terapia occupazionale a tutto tondo, poiché oltre a fornire professionalità e competenze specifiche responsabilizza i ragazzi con disabilità che vi lavorano, che modulano l’impegno in base alle consegne previste. Osservando il lavorio nelle varie aree del laboratorio, viene spontaneo riflettere su cosa significhi qualità di vita per questi ragazzi e su come sia possibile per loro raggiungere i propri obiettivi e decidere in autonomia cosa fare della propria esistenza.
Un altro aspetto che spesso sfugge all’approccio patinato e politicamente corretto del mainstream nei confronti della disabilità è quello dei cosiddetti caregiver, le persone che assistono le persone disabili, con le famiglie in prima linea. L’associazione Letizia nel cuore si occupa proprio di questo: dare un sostegno concreto alle famiglie del territorio grazie a un’equipe di educatori specializzati che diverse volte a settimana si recano a casa dei bambini e creano per loro un momento esclusivo con attività ludiche, che hanno ricadute anche sul piano affettivo ed emozionale. Un lavoro fondamentale soprattutto nell’ambito della socializzazione, perché il rischio è che, dopo la scuola, la famiglia resti confinata all’interno delle quattro mura.
Un ulteriore sguardo all’interno di nuclei familiari di cui fanno parte persone con disabilità ci aiuta a darlo Be Kind, un film autoprodotto che racconta con gentilezza il mondo delle diversità attraverso la voce di Nino, un ragazzino di tredici anni con una diagnosi di autismo. Il progetto è stato firmato da Nino e da sua madre Sabrina, attrice e scrittrice, che ricorda: «Dopo la diagnosi abbiamo vissuto un momento di rabbia e profonda sofferenza. In seguito, con coraggio, abbiamo reagito, dando a Nino tempo e totale fiducia. Non ho affrontato la diversità di mio figlio come un problema, ma piuttosto come una ricchezza».
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